MEGLIO GIOCARE NEL “CAMPO STRETTO”

Le nostre istanze sociali, ambientali e pacifiste unite ad una buona selezione dei futuri parlamentari; evitando di imbarcare nuovamente chi ha pensato solo al proprio tornaconto e non alle esigenze di tanti cittadini in difficoltà.

Ne ho parlato oggi con il Corriere Torino, che ringrazio per l’intervista e per la possibilità di ribadire quanto – da sempre – poco mi entusiasmasse il “campo largo” con il Pd.

Voi cosa ne pensate? Quali sono le proposte che il MoVimento 5 Stelle

dovrebbe portare avanti nella corsa per le elezioni politiche?

E quale metodo per selezionare bene i propri rappresentanti?

 

UN “CAMPO STRETTO” A SINISTRA DEL PD

Esattamente oggi, un anno fa, si svolgevano le primarie del MoVimento 5 Stelle a Torino per la scelta del candidato sindaco.

Nonostante le difficoltà e la fatica personale della campagna elettorale che seguì a quel voto interno, lo voglio ricordare (lo scatto è proprio un ricordo di quella sera)

per un’unica ragione.

Oggi il quadro politico nazionale pone al mio Movimento una scelta di percorso che noi, qui, maturammo già allora: quella, tardiva, di posizionarci – con i Verdi – alla sinistra di un Partito Democratico che guarda alle istanze elitarie dei Renzi e dei Calenda più che ai milioni di italiani in povertà, quelli che a votare comprensibilmente non ci vanno più.

E che, al tempo, qui a Torino fece la medesima scelta: accompagnarsi alle forze moderate e confermarsi nella rappresentanza della classe medio-alta cittadina, con contestualmente il 58% degli elettori, specie quelli delle periferie, che il giorno delle elezioni restò a casa.

Quel che rimane di quella scelta di campo a Torino, e degli errori che da parte nostra ad essa precedettero e seguirono, dovrebbe insegnarci almeno tre cose:

– la prima, che serve agire per tempo;

– la seconda, che serve uscire dalle ambiguità del posizionamento politico e rilanciare i nostri temi con passione e tenacia;

– la terza, che serve agire forti di quell’unità interna che può contestualmente permettere di costruire un percorso comune con le altre forze politiche che hanno veramente a cuore i temi della giustizia sociale e ambientale (per essere chiara, penso ai nomi di Bersani, di Pecoraro Scanio e di Fratoianni, ben lontani dal Pd).

Insomma un “campo stretto” e coerente è decisamente preferibile ad uno largo e inconcludente.

Ora, un anno dopo, davvero: ma cosa aspettiamo?

LE MIGLIAIA PER DRAGHI A TORINO

Vi ricordate l’ondata di delusione profonda che aveva accompagnato la caduta del “Conte bis”?

Io ne ho un ricordo vivo, mi aveva davvero impressionato: dagli applausi commossi dei dipendenti di Palazzo Chigi, fino ad un post sui social dello stesso Giuseppe Conte che, con 10 milioni di persone raggiunte, era diventato in poche ore quello con più interazioni al mondo.

Credo sia un dato storico innegabile, allora ci fu un moto tangibile e reale di tanti cittadini che non accettavano di rinunciare ad un premier che magistralmente aveva gestito l’inizio della pandemia e, altrettanto coraggiosamente, avviato misure di rilancio economico e di contrasto alle disuguaglianze sociali.

Quelle stesse disuguaglianze che oggi si moltiplicano e a cui Mario Draghi (quello “super”!) latita nel dare risposte.

Perché vi dico ciò? Perché sono giorni che sentiamo riportare a reti unificate il mantra dei cori che si spendono per chiedere al premier di restare.

Ma questi appelli di chi sono?

Certo: dell’Europa, degli Usa, delle associazioni datoriali, dei sindacati o dei sindaci (tra l’altro, quasi tutti a traino Pd).

E i cittadini?

In un tempo ormai perduto ci saremmo interrogati su cosa pensa e cosa vuole il cosiddetto ‘paese reale’.

Perdonate la locuzione vecchia, ma rende perfettamente l’idea.

Ecco il ‘paese reale’, per me, è quello che vedete in questa foto scattata ieri a Torino, in Piazza Palazzo di Città, durante una manifestazione pro Draghi partecipata dai partiti e dal sindaco Lo Russo.

Ovviamente non mi riferisco alle poche decine di imbarazzanti e imbarazzati manifestanti (per lo più politicanti di palazzo) ma al resto della piazza.

Quello vuoto.

Quel vuoto, composto da migliaia di persone, che rende plasticamente chiaro lo sconfortante abisso tra una buona parte politica e il popolo con le sue esigenze.

Quanto è vergognoso il PD: 3, 2, 1…

La Città di Torino è ‘medaglia d’oro per l’alto sacrificio nella Resistenza’. È un’onorificenza importante che trova spazio nel nostro Statuto e che dovrebbe imporre agli amministratori della nostra Città azioni conseguenti.

Dico “dovrebbe” perché per il Partito Democratico torinese evidentemente non è così.

Oggi, quei fenomeni (non saprei come altro definirli per non essere maleducata), sono riusciti a votare contro un mio atto che chiedeva al sindaco di attivarsi per porre un vincolo storico-culturale alle sette batterie antiaeree del Pian Del Lot, a 511 metri sulla collina torinese.

Lì, dove il 2 aprile del 1944 ventisette giovani partigiani trovarono la morte per fucilazione nella più sanguinosa rappresaglia compiuta dai nazisti nella nostra città.

Il diniego è meramente politico: non si accettano gli atti delle minoranze e soprattutto non si accettano gli atti del MoVimento 5 Stelle Torino, che su questo tema da tempo conduce una battaglia a difesa della memoria di Torino nel Consiglio della Circoscrizione 8.

Non ci sono altre parole, se non tanta vergogna.

PS. Un veloce aneddoto: l’ex sovraintendente alle Belle Arti di Torino, Luisa Papotti, che in più occasioni non ha mancato di sottolineare il buon rapporto con l’attuale sindaco Lo Russo, aveva ritenuto di porre il vincolo culturale sulle gabbie (LE GABBIE!) dell’ex zoo del Parco Michelotti, che con l’amministrazione di Chiara Appendino avremmo voluto abbattere per restituire lo spazio al verde pubblico. Vincolo che, invece, le batterie antiaeree della seconda guerra mondiale non sembrano meritare. E così, per coincidenza temporale, oggi il sindaco l’ha nominata nel Consiglio di indirizzo del Museo del Risorgimento. Auguri di buon lavoro!

I tatticismi …di Lo Russo

Oh ecco, mancava giusto il sindaco Lo Russo al cicaleccio indignato verso il MoVimento 5 Stelle dei paladini della responsabilità.

In genere, ed è bene diffidare sempre, la responsabilità è la categoria politica di chi, da dieci anni, governa il Paese senza aver mai vinto le elezioni e, per giunta, senza risolvere mezzo problema delle persone. Il motivo per cui ora ci troviamo in questa situazione è unicamente questo ed è tutto politico.

Adesso, capisco che Lo Russo e la politica abbiano poco a che fare ma la questione dirimente è se questo governo, o quello che verrà dopo, vogliano oppure no provare a risolvere i problemi di milioni di italiani letteralmente alla canna del gas da mesi. E a Torino questo dilemma dovremmo porcelo più che mai, perché qui la crisi sociale, economica, energetica e ambientale si sta scontrando con un’inerzia amministrativa locale e nazionale che è ingiustificabile e imbarazzante.

Non ho idea di come andrà a finire ma avrei voluto che, da più parti, l’enfasi allo sdegno che ascoltiamo in queste ore fosse la stessa per appelli profusi a favore di risposte concrete contro le disuguaglianze.

Ma nulla.

E se nulla dev’essere mi auguro davvero che la mia forza politica non torni indietro e non accordi nuovamente la fiducia a questi “signori”.

PS. Con i colleghi del MoVimento 5 Stelle Torino abbiamo depositato da circa un mese un atto sul salario minimo, e anche per il prossimo Consiglio Comunale giace al fondo dell’ordine dei lavori. Sia mai che il PD approvi qualcosa che abbia una parvenza di sinistra.

Liberate Julian Assange!

“Mi appello ai popoli del mondo, alle chiese, alle organizzazioni sociali, ai sindacati, alle università, ai giornalisti, ai mezzi d’informazione, ai governi democratici e alle donne e agli uomini di buona volontà che si impegnano per la libertà e i diritti dei popoli, affinché facciano sentire la propria voce per reclamare la libertà di Assange”.

Così il premio Nobel per la Pace argentino Adolfo Pérez Esquivel in un appello contro la brutale persecuzione politica verso JulianAssange e, con essa, verso la libertà di stampa, da sempre perno delle nostre democrazie.

Nel nostro piccolo, come MoVimento 5 Stelle Torino, oggi abbiamo voluto far sentire la nostra voce in Sala Rossa.

Non avendo le firme sufficienti per chiedere la cittadinanza onoraria per Assange, abbiamo invitato la Città a prendere posizione contro l’estradizione negli Usa (dove rischia 175 anni di carcere) e di farlo esponendo uno striscione

sulla facciata di Palazzo Civico recante la scritta #FreeJulianAssange.

Una richiesta modesta ma che avrebbe avuto un significato simbolico importante. Purtroppo il sindaco Lo Russo, intervenuto nel dibattito, e con lui il Partito Democratico non hanno ritenuto di accoglierla, adducendo a motivazioni che è disperante anche solo riportare.

È finita con 6 voti a favore e tutto il resto contro.

Ora, non ci aspettavamo di meglio dal centrodestra ma dalla sedicente “sinistra” torinese che governa la città certamente sì.

Ancora una volta il problema pare essere più chi informa sui crimini di guerra e sulle atrocità perpetrate dall’Occidente e dagli Usa, più che chi li compie.

Ancora una volta, noi, non ci scoraggiamo: libertà per Assange.

AUTO ELETTRICA E IPOCRISIA

Ho letto questa mattina le dichiarazioni del sindaco Lo Russo relativamente alla decisione del Parlamento europeo di fermare la vendita di auto a benzina, diesel e GPL dal 2035.

La sua è l’ennesima voce preoccupata, dopo quelle dagli industriali piemontesi e dal rettore del Politecnico Guido Saracco, tutti uniti nel bollare la scelta come “talebana” e foriera di problematiche occupazionali.

Ora, nel nostro Paese – e nella nostra città in particolare – il quadro occupazionale legato al comparto dell’automotive versa in uno stato di crisi tale da rendere incomprensibile questa tardiva enfasi a difesa dei posti di lavoro: basti pensare che a Torino e provincia, negli ultimi 12 anni, secondo i dati della Fiom, si sono persi 32.000 posti di lavoro (-27.2%) e hanno chiuso i battenti 370 imprese del settore metalmeccanico (-39%).

Sono dati che dovrebbero farci riflettere e, quanto meno, indurre la classe dirigente cittadina a una severa autocritica sulla capacità di elaborare una politica industriale seria, che sappia innovarsi rispettando parimenti i lavoratori e il nostro pianeta.

Invece siamo qui a lamentarci perché l’Europa cerca di costringerci ad abbandonare da subito, cioè ORA, i progetti di investimento basati sui combustibili fossili.

La scadenza del 2030 per il dimezzamento delle emissioni globali di CO2 non è una data contrattabile, semplicemente se aspettiamo oltre prima che le emissioni calino non sarà più possibile invertire la tendenza con conseguenze sull’ambiente, sulla salute e sull’economia che a stento immaginiamo.

E allora sarebbe auspicabile un maggiore senso di responsabilità da chi ci governa perché non sono davvero accettabili le scuse sentite in questi giorni, fin ultima quella sui problemi etici legati all’approvvigionamento del litio, quando per decenni si sono ignorati bellamente i legami tra il petrolio e lo scoppio di guerre nel mondo.

A costo di essere bollati come “talebani”, è necessario incominciare a dire alcune cose molto chiaramente:

1) la transizione energetica, necessaria non solo per il pianeta e chi lo abita (noi, in primis), crea posti di lavoro a patto che si incominci da subito a sostenere la formazione e la riqualificazione di tutte quelle figure che possono trovare impiego in nuove attività lavorative. D’altronde il rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia del 2021 ha stimato che l’azzeramento delle emissioni porterebbe ad un aumento del Pil globale dello 0.4% all’anno;

2) 14 anni di tempo mi sembrano più che sufficienti per creare infrastrutture adeguate ad una mobilità elettrica, che aspettiamo?

3) l’auto del futuro è alimentata con energia rinnovabile ma soprattutto è condivisa. Sì, condivisa. Per la maggior parte di noi non ha alcun senso possedere un mezzo per usarlo meno di mezz’ora al giorno consumando risorse economiche, tempo e suolo;

4) le nostre industrie devono passare dall’idea di “vendere auto” all’idea di “vendere mobilità”, che è poi quello di cui una città come la nostra avrebbe assolutamente bisogno visto che abbiamo il record italiano di auto in rapporto al numero di abitanti (assoluta follia).

È passato un anno da quando iniziava la campagna elettorale per le amministrative a Torino, interamente condotta al grido di una città più sostenibile e a misura d’uomo. Dopo 365 giorni rimane l’ipocrisia e l’inadeguatezza di chi al futuro del pianeta e di tutti noi, anche oggi, ci pensa domani.

“Troppo sbilanciate sulle tematiche LGBT”???

Ho sempre pensato che ciò che deve distinguere le forze politiche dell’area progressista, a cui a buon titolo il MoVimento 5 Stelle appartiene, sia la costruzione di un progetto la cui parola d’ordine è il contrasto alle disuguaglianze; siano esse sociali, economiche, di genere, di orientamento sessuale o generazionali. E questo percorso dovrebbe identificarci sia in Italia sia Torino, pur sedendo qui su fronti contrapposti.

Purtroppo però, nella nostra città, con la nuova amministrazione c’è stato un arretramento del quadro politico in materia di diritti che credo valga la pena spiegare.

E credo valga la pena spiegarlo oggi che sono reduce da una Commissione sui Diritti e le Pari Opportunità dove la vicecapogruppo del Partito Democratico, infelicemente, ci ha tenuto a farci sapere che ha ricevuto lamentele perché “la Commissione è troppo sbilanciata sulle tematiche LGBT e su queste cose qui” (cit).

A parte che, colpevolmente, la Commissione Diritti in sei mesi di mandato non ha mai (e dico MAI) trattato le tematiche LGBT e non si capisce proprio come possa essere sbilanciata a riguardo, alla luce di una simile affermazione mi chiedo se dietro la scelta del sindaco Lo Russo di interrompere la grande innovazione di Chiara Appendino di trascrivere i figli e le figlie delle coppie arcobaleno, sempre giustificata su un piano prettamente giuridico-amministrativo, non ci sia anche una volontà politica del suo partito e della sua maggioranza, in cui convivono orientamenti e sensibilità fortemente contrastanti proprio su questi temi.

E su questo voglio raccontarvi un altro aneddoto che sta riguardando i nostri lavori consiliari in questi giorni e che dà il quadro di quanto progressista sia la sedicente “sinistra” torinese.

È attualmente in discussione la modifica di un regolamento comunale che permetterebbe alle donne che allattano, o che sono incinta, di partecipare ai Consigli Comunali e alle Commissione Consiliari in streaming, esattamente come abbiamo fatto tutti durante i mesi della pandemia. Un riforma di buon senso che consentirebbe alle consigliere che affrontano la maternità di espletare il mandato elettivo conferito dai cittadini senza affaticarsi ad essere fisicamente presenti ma svolgendo l’attività da casa.

Una riforma talmente giusta, e per la quale ringrazio le Consigliere proponenti Ludovica Cioria e Alice Ravinale, che sarebbe anche solo assurdo pensare che qualcuno possa essere contrario. E invece, proprio all’interno della maggioranza che sostiene il sindaco, da giorni si sprecano i distinguo e le contrarietà, tanto da far slittare questa modifica che, nella sua semplicità, renderebbe certamente più completo il campo dei diritti alla maternità per le donne che si impegnano in politica a Torino.

Io voglio augurarmi che su queste tematiche non ci siano più passi indietro e prese di posizione infelici come quelle che vi ho raccontato.

In tutto ciò il sindaco che fa?

La maggioranza la governa o permette che alcuni suoi consiglieri ci portino indietro di 10 anni?

EUROVISION – Molestie alle volontarie

Ho letto questa mattina delle molestie subite dalle giovani volontarie al party inaugurale degli #EurovisionSong che si è tenuto alla Reggia di Venaria due giorni fa.

Un episodio che viene tenuto abbastanza in sordina per evitare, come si evince dalle (infelici) parole della Responsabile dei Volontari, “di sporcare un evento tanto bello e formativo per i nostri giovani”.

Non voglio entrare ora nella questione politica, che ho già avuto modo di sottolineare, sull’uso dei volontari nei grandi eventi; ma quando una donna denuncia di aver subito un palpeggiamento o qualsivoglia tipo di molestia fisica o verbale minimizzare l’episodio è quanto di più sbagliato possiamo fare.

Lo è perché la sensazione di disagio e vergogna che una circostanza simile provoca non può essere taciuta né tanto meno sminuita.

Lo è perché pensare che le istituzioni, e il nostro Comune in particolare, tacciano per evitare di macchiare la reputazione dell’evento o della città è oggettivamente triste se poi guardiamo alle belle parole profuse in occasione delle ricorrenze sulla violenza di genere.

Lo è perché girarsi dall’altra parte di fronte ai diffusi fenomeni di machismo alimenta i presupposti per una società che ignora i diritti e la sicurezza di tutte noi.

Lo è perché appena due giorni fa, a Rimini, 150 donne hanno denunciato simili episodi al Raduno degli Alpini.

Gli EurovisionSongContest per Torino sono un evento straordinario capace di portare musica, bellezza, intercultura e apertura sul mondo. Proprio per questo non possiamo e non vogliamo accettare nessuna violenza e a queste ragazze deve andare la nostra solidarietà e tutto il supporto che si può mettere in campo.

Ora.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante una o più persone, persone in piedi, attività all'aperto e il seguente testo "Eurovision, nelle chat il racconto delle volontarie dopo il party a Venaria: «Molestate dai ballerini»"

PrimoMaggio in piazza per la dignità del lavoro e per la pace

Questo PrimoMaggio in piazza per difendere la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori ma anche per dire NO alla guerra e NO agli armamenti.

Tornare a sfilare per le strade dopo due anni di pandemia non ha purtroppo cambiato il triste e inaccettabile copione che puntualmente si ripete a Torino: il corteo letteralmente spezzato in due all’ingresso di Via Roma da un cordone di polizia e le immancabili cariche allo spezzone sociale.

Il lavoro che dovrebbe unirci ancora una volta purtroppo ci divide, ma il Primo Maggio è, e resta, di tutte e di tutti: di chi si batte contro la guerra forse un po’ più di chi è pacifista solo a parole, di chi lavora senza tutele o un lavoro non ce l’ha forse un pò più di chi grazie ai privilegi e alle politiche scellerate del passato è garantito, di chi lotta per la giustizia sociale e climatica forse un pò più di chi privilegia gli interessi dei signori del gas, del petrolio e delle armi, di chi si batte contro il Tav forse un po’ di più di chi ha scoperto nell’alta velocità il salvagente di un sistema occupazionale che è volato sempre più lontano da Torino.

In ogni caso, buona festa amiche e amici.

Restiamo ostinati e determinati, dalla parte di chi la disperazione non può tacerla.